Cacao Clandestino: Tavoletta D’Oro 2020
Cacao Clandestino nasce dalla volontà di mantenere il concetto di clandestinità nell’accezione di incontro più o meno regolare tra culture, tradizioni, storie, luoghi e persone e di traslare questa ricchezza in gusto, trasformando direttamente le fave di cacao provenienti dai progetti della filiera Chocofair.
Il nostro cioccolato è clandestino perché il cacao con cui viene realizzato spesso non ha una casa ed un uso: sono cacao talmente particolari, preziosi, unici che spesso non trovano destinazione di mercato, abbiamo quindi deciso di celebrarli e preservarne il patrimonio, trasformandoli in edizioni limitate.
La nostra attività principale rimane quella di seguire i contadini nei processi di produzione del cacao e mettere in contatto le cooperative di produttori con le aziende che trasformano la materia prima; ma abbiamo deciso di produrre e distribuire in special editions cioccolato, spalmabili e in purezza la materia prima sotto forma di fave di cacao tostate e massa, diffondendo e preservando il patrimonio aromatico di una materia prima agricola su cui l’industria ha operato una standardizzazione assoluta e che ha il diritto di essere – esattamente come è accaduto con il vino e la birra artigianale – riscoperta.
Nel 1723 nello Statuto della Maestria dei ciucculatari depositato a Palermo chi non utilizzava una materia prima di qualità veniva radiato dall’albo e non gli veniva consentito l’accompagnamento al cimitero da morto. Nel Credenziere di buon gusto il gastronomo Vincenzo Corrado spiegava già a fine ‘700 che ogni varietà di cacao aveva uno specifico uso nella cucina. Vorremmo tornare a quella grande cultura e consapevolezza su una materia prima e un prodotto, la cioccolata, su cui l’Italia aveva raggiunto l’eccellenza assoluta ma che ha con il tempo (ahinoi!) dimenticato.
Perchè il cacao è per definizione “clandestino”?
Theobroma Cacao, il “cibo degli dei” nasce in Centro America. La leggenda narra che il dio Quetzalcóatl (Serpente Piumato) decise di portare i semi clandestinamente sulla terra e di regalare agli uomini questa pianta degli dei, insegnandogli a coltivarla, a raccoglierne i frutti, e a macinarne i semi. Gli dei adirati nel vedere gli uomini gustare quello che un tempo era stato un alimento solo a loro riservato, decisero di inviare sulla terra il dio dell’oscurità Tezcatlipoca, fratello di Quetzalcoatl, che preparò una bevanda con il pulque, il succo fermentato di una pianta di agave, e convinse Quetzalcoatl a berla fino all’ultima goccia. La bevanda particolarmente alcolica fece ubriacare il dio Serpente Piumato che resosi ridicolo agli occhi degli uomini, vide questi ultimi voltargli le spalle. Al risveglio Quetzalcoatl notò con grande dispiacere che tutte le piante del cacao erano state abbandonate dagli uomini. Così, offeso e amareggiato, lasciò per sempre la Terra. Tuttavia, alcuni semi di cacao caddero per sbaglio dalla sua tasca e, atterrando sulla fertile terra del Messico, diedero vita a nuovi alberi di cacao. Nel 1519 quando gli atzechi, che si tramandavano da secoli questa leggenda videro sopraggiungere nuovamente sulla loro terra un uomo bianco, dalla lunga barba, pensarono fosse Quetzalcóatl, in realtà si tratttava del sanguinario Hernán Cortéz.
I semi del cacao arrivano clandestinamente in Europa grazie ai conquistadores e in Italia ad opera del mercante fiorentino Francesco d’Antonio Carletti, giungendo rapidamente sulle tavole dei Medici a opera di Francesco Redi, l’archiatra speziale al servizio di Cosimo de Medici.
Il cioccolato inizia a circolare nelle città di Firenze, Venezia, Torino e in Sicilia, protettorato spagnolo.
Nel 1802 Bozzelli su commissione della famiglia Caffarelli inventò una macchina per raffinare la pasta di cacao e miscelarla con zucchero e vaniglia.
Nel 1806 il cacao torna ad essere “clandestino”: Napoleone Bonaparte decreta il Blocco Continentale che vieta il commercio tra i Paesi soggetti al governo francese e le navi britanniche. Tra i prodotti maggiormente esportati dagli inglesi (di derivazione naturalmente coloniale) vi era, infatti, il cacao. Era davvero difficile reperire il cacao che veniva venduto clandestinamente: si iniziò a tagliarlo con le nocciole: nel 1852 il cioccolataio Michele Prochet, in società con Caffarel, diede vita alla Gianduja, in onore alla maschera carnascialesca di Torino.
Anche durante il ventennio fascista il reperimento del cacao tornò ad essere difficoltoso: l’autarchia fece scomparire diversi generi di importazione e il cacao tornò a circolare clandestinamente.
Oggi la maggior parte dei cacao più preziosi sono tornati alla clandestinità: la standardizzazione operata dal mercato ha reso il cioccolato un prodotto piatto concato 70/80 ore per privarlo di ogni caratteristica aromatica e per togliere i difetti a cacao di bassa qualità, mal fermentati e astringenti.
Con la linea Clandestino cerchiamo di dare dignità, preservare la biodiversità e raccontare i territori che esprimono un patrimonio aromatico e una ricchezza organolettica ormai dimenticata.
Abbiamo anche una buona notizia! A marzo con la nuova linea “Cacao Clandestino: cioccolato estremo” abbiamo vinto la Tavoletta D’Oro 2020: il più autorevole premio al cioccolato di qualità in Italia, assegnato annualmente dalla Compagnia del cioccolato, di cui fanno parte i massimi esperti di degustazione al mondo.
Affrettatevi per assaggiarla!